Si inizia con la scuola primaria e si arriva alla consegna delle pagelle con un misto di curiosità e di scontatezza. Non si pone quasi mai il dubbio sulla promozione. Anzi. Di solito la sfilza di 8 e 9, il giudizio della maestra è ciò che ci fa sentire quel moto d’orgoglio che ci porta ad avvisare nonni, parenti e conoscenti e a comprare pasticcini per festeggiare.

La consegna delle pagelle alla scuola elementare non è poi così male. Nella maggior parte dei casi è un’occasione in più per guardare con gratitudine e tenerezza ai nostri figli.

Poi la situazione cambia.

E lo fa proprio con l’adolescenza. I teneri scolaretti con cartella, astuccio triplo, quadernoni con la copertina e un innamoramento verso la maestra cominciano a trasformarsi. Le medie sono quella terra di mezzo c’è già chi si ribella al sistema, scuola compresa, e chi ancora obbedisce.

L’esame di terza media è la vera prima prova, sia per gli alunni che per le mamme, che seguono con apprensione scritti, invalsi, stesura delle tesine, orali da ripetere. L’esame di terza è il primo vero scontro con il giudizio. E anche in questo caso, checchè se ne dica, le mamme sono in apprensione tanto quanto (se non di più) il figlio. Tutto sembra ruotare intorno a quel risultato (ho visto madri fare scenate epocali per il voto basso dei figli). Ma, come ogni momento della vita, anche in questo caso così non è.

Si esce bene dalle medie, si pensa di avere un figlio che può spaccare il mondo e si arriva alle superiori. Nel frattempo l’adolescenza entra nel pieno, i brufoli fanno capolino nel complicare la traballante autostima e l’apatia o la ribellione cominciano ad impossessarsi di quel frugoletto con cartella tanto bravo in matematica, quanto dotato in disegno. Le cuffie e lo smartphone diventano i migliori amici, la porta della camera sempre chiusa, anche quando si muore di caldo.

Le certezze di una mamma cominciano a traballare e il momento delle pagelle, o dell’esposizione dei tabelloni, diventa per molte un terno al lotto. Vedere i sette, gli otto e i nove anche alle superiori continua a riempire d’orgoglio una mamma. Ma il rischio di trovarsi la frase “Sospensione di giudizio” sul fantomatico tabellone c’è. E non fa bene.

Chi ci è già passato dice che tutto fortifica, anche gli esami a settembre, anche la bocciatura. Ed è vero. Ma per la mamma che orgogliosamente ha guardato ai successi del proprio bambino, trovarselo grande, silenzioso, con poca voglia di studiare e rimandato a settembre non è facile.

Bisogna andare oltre.

Bastonare (metaforicamente) se ce n’è bisogno, ma accompagnare. Capire, lasciare da parte l’orgoglio deluso, i progetti di vacanze tranquilli, il desiderio di togliersi qualche sfizio (solo un genitore con figli rimandati sa cosa costa far recuperare una materia) e accompagnare. Non è facile. Non è facile trovare l’equilibrio tra la durezza e la comprensione, tra lo spronare e il punire.

Io sono una di queste mamme. Una figlia che macina risultati, un figlio che deve ancora maturare.

Accompagnare entrambi è l’avventura più bella che ci sia, ma ci sono giornate come questa in cui la fatica si fa sentire tutta. Fatica nel guardare al proprio figlio cercando di non essere troppo accondiscendente, ma al tempo stesso aiutandolo a non perdere l’autostima. Fatica nel convincere lui e me che il suo valore non dipende da un risultato scolastico. Fatica nel fargli capire che nella vita non si può fare solo ciò che ci piace, ma che sarebbe bello riuscire a farsi piacere tutto.

È la vita, e solo così si cresce. Insieme, mamme, papà e figli. Tirare fuori l’orgoglio nel saper guardare in faccia le difficoltà. E non c’è voto che tenga.