Ho incontrato diverse persone che desideravano perdere diversi chili, fare parecchie ore di allenamento in palestra, modellare il loro corpo con costosi prodotti. Nel precedente articolo abbiamo accennato all’importanza di ascoltare il nostro corpo nell’entrare in relazione col mondo. Vediamo oggi come la ricerca della perfezione fisica nasconde l’incapacità di sentire ciò di cui davvero abbiamo bisogno.

L’idea che spesso ci sfugge è che la nostra storia personale si manifesta attraverso quel che siamo: il che non significa che renderci perfetti come modelli ideali ci farà apparire migliori.

In raltà il corpo non mente, anche quando lo sottoponiamo a trasformazioni importanti. Anzi, svela il suo modo di essere a prescindere da come noi lo trattiamo.

Alla base di questi meccanismi vi è sempre il tema dell’autostima. Quando ci percepiamo immeritevoli abbiamo due possibili alternative: la fuga e la depressione (stile Calimero), o il tentativo estremo di trasformarci in quello che non siamo.

Il punto è che, purtroppo, la magrezza non è sinonimo di valore né di Bellezza. Ci sono forme che non possono essere modificate a propria volontà (non per nulla oggi si ricorre spesso alla chirurgia estetica), né è possibile cancellare il tempo che è trascorso dalla nostra pelle.

Conoscete il bellissimo aforisma di Anna Magnani? “Non toglietemi le mie rughe, ci ho messo una vita a farmele!”
Questa frase riassume davvero tutto il senso sopra citato.

Cancellare i segni del tempo equivale a negare ciò che siamo diventati, non amare la nostra identità. Amare se stessi ed il proprio corpo significa, al contrario, identificare ciò che davvero significa prenderci cura di noi.

Un invito alla sciattezza o al lasciarsi andare? Assolutamente no.
Valorizzarsi è un gesto d’amore.

Tutto ciò che non viene dal corpo, da una sua reale esigenza, non può appartenerci, e l’esercizio più difficile è proprio imparare ad ascoltare i segnali che esso ci manda, a cui siamo sordi ed insensibili, talvolta negandoli, talvolta confondendoli con altro.

Quando mi chiedono aiuto per migliorare la soddisfazione legata all’immagine di sé, suggerisco di iniziare dall’oracolo di Delfi: “conosci te stesso”. E’ un’esortazione a trovare la verità dentro di sé, e non nel mondo delle apparenze.

In un percorso di cambiamento che preveda la possibilità di migliorarsi non vige di certo l’anarchia o la mancanza di regole e suggerimenti, ma il punto di partenza ritengo debba sempre essere quello che sentiamo.

Quindi, se vogliamo intraprendere una dieta cominceremo dal capire cosa mangiamo e come ci sentiamo quando lo facciamo; se vogliamo intraprendere un allenamento sportivo ci impegneremo ad “ascoltare” le nostre percezioni corporee e di movimento quando viviamo la nostra giornata in mezzo agli altri.

Qualcuno resta stupito quando non riceve subito delle prescrizioni (la soluzione da “formula magica”), qualcuno fugge quando sente che il primo passo richiede un impegno personale molto forte.

Non credo, tuttavia, possa esistere un cambiamento che non veda noi stessi come protagonisti e “costruttori di regole”.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta