Il definisce così la fobia: “la paura marcata e persistente, eccessiva o irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o una situazione specifici”. Ciò significa, nel caso del parto, che il timore non è giustificabile dalla novità dell’esperienza o dall’avvicinarsi dell’evento.

La tocofobia si definisce come preoccupazione sproporzionata per il parto che non riesce ad essere controllata né razionalizzata. Ha degli effetti invalidanti a livello sociale, somatico, psicologico. Sfugge al controllo volontario e rende difficile compiere azioni e gesti molto semplici.

 

E’ un segnale di disagio molto importante, che non va trascurato, ma va attenzionato ad un professionista competente quale lo psicologo o lo psicoterapeuta. Questo segnale, tuttavia, non esordisce “improvvisamente”: in realtà il suo decorso avviene in una storia personale ben precisa, ed è legato al contesto relazionale in cui vive la donna.

 

La tocofobia è generalmente associata da pensieri irragionevoli che rendono distorta la percezione della realtà: legandosi poi ad un evento sconosciuto (tanto per le primipare che, in parte, anche per chi non lo è), diventa una fobia ancora più minacciosa. Il sostegno in questi casi è fondamentale.

 

Alla base di questa eccessiva paura vi è la percezione di non essere all’altezza: i condizionamenti sociali e familiari in questo caso sono molto forti, e si fondano su convinzioni che la donna ha strutturato nel corso della sua vita riguardo alla propria personalità.

 

Se una persona cresce in un Ambiente rassicurante e pieno d’affetto, crescerà con fiducia in se stessa e nelle proprie capacità. Al contrario un Ambiente ipercritico o svalutante strutturerà convinzioni fallimentari che possono riguardare diversi aspetti della propria vita.

 

Una donna può non strutturare un senso di inadeguatezza pervasivo, che riguardi tutti gli aspetti della sua vita, ma il parto è un momento importante e fondante per lo sviluppo personale della donna. Per questo motivo diventa anche momento “critico”, in termini di sviluppo e possibilità.

 

Il “gap” tra la convinzione di non farcela e la fiducia nelle proprie capacità generative si crea nel momento in cui le aspirazioni autentiche e spontanee della donna non riescono a giungere a compimento. Il parto diventa una minaccia per il proprio Sé. Il bisogno di autenticità è frustrato e interrotto, e la donna non riesce a vivere in sintonia con i propri desideri.

 

Un tempo si cresceva in un Ambiente in cui era profonda la convinzione che il parto è un evento naturale e ciascuna donna ha la capacità di partorire (come si crede in molte popolazioni tribali) senza bisogno di ausili. Negli anni i progressi della medicina hanno fatto sì che la donna si affidasse sempre più nelle mani di esperti che prendessero decisioni al posto suo, riguardo alla gravidanza e al parto.

 

Senza questo progresso non si sarebbero salvate molte vite, sia delle donne che dei nascituri, ma questo ha causato un profondo cambiamento nella percezione delle donne riguardo alla propria capacità generativa. Non è un caso, infatti, che le donne seguite da ostetriche invece che da ginecologi, ancora oggi scelgono più facilmente il parto naturale, hanno un travaglio più semplice, e sono più fiduciose verso il buon esito della nascita.

 

Torneremo a parlarne ancora nei prossimi articoli.

 

dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

 

foto: diariodellafenice.blogspot.com