Che settimana! Fare la tata sta diventando complicato, sono lontani i giorni in cui mi vantavo della pacchia e dei ritmi slow. Questa settimana mi ha fatto invecchiare di 10 anni. Come Don Chisciotte ho avuto due mulini a vento contro cui combattere: le vaccinazioni e il caldo africano. E siccome tutti conoscete la storia scritta da Cervantes, sapete che per me, la povera tata,  non è finita proprio bene.

Mesi fa avevo già portato Marta a fare una vaccinazione e vi devo confessare che la cosa mi preoccupava non poco. Sono riaffiorati i dubbi: sono tutte fondamentali? Quali possono essere le controindicazioni? Anni fa ho scoperto che le leggi e gli obblighi sulle vaccinazioni sono differenti da regione a regione. In Lombardia non sono tutte obbligatorie, in Umbria invece sì. Un’amica era finita al tribunale dei minori perché aveva deciso di ritardare l’esavalente (in genere si fa a 3 mesi ma lei ai suoi bambini l’ha fatta fare a 18 mesi).

Ci sono centinaia di ricerche sui pro e contro e me ne sono fatta un’idea un po’ confusa, penso comunque che sia necessario essere informati e che non si debbano fare solo perché prescritte in un elenco dell’Asl. Con questa diatriba in testa ho portato per la prima volta la mia piccola Marta a farsi la vaccinazione. Marta, inutile a dirlo, è stata bravissima, ha pianto per 30 secondi.

A distanza di mesi, ho letto sul calendario “Vaccinazione Marta e Matilde” e ho sgranato gli occhi. Matilde? Vogliono mostrare un ago a Matilde? Vogliono portarla in un ambulatorio? Matilde che per prendere un cucchiaio di sciroppo al gusto miele deve essere immobilizzata sul pavimento, con la mamma a cavalcioni su di lei e il papà che le caccia lo sciroppo in gola?

E ora mi dicono che devo essere io a portare Matilde a fare la vaccinazione? Mi do malata, espatrio… tra tutte le soluzioni più semplici ho optato per quella freudiana: ho rimosso. Nè io, né la mamma ci siamo ricordate. Ma lo scontro col mio mulino a vento era stato solo rimandato.

Ed eccoci alla mattina tanto attesa: eravamo le prime. Ho deciso di cominciare con Marta, mentre Matilde le saltava intorno e la canzonava… una punturina sulla cosciotta, zac! E una punturina sul braccio zac! Pianto di pochi minuti. Mulino a vento – Don Chisciotte 0 -1, ma il Sancho Panza che è dentro di me, tipo voce da grillo parlante, mi diceva che cantavo vittoria troppo presto. E infatti… quando l’infermiera ha invitato Matilde a sedersi sul lettino… catasfrofe, armageddon, i cavalieri dell’apocalisse: hanno provato con cioccolatini, caramelle, lecca lecca, hanno chiamato rinforzi, urla di Matilde che ricordano uno scannatoio, colleghi che bussano, richiesta di aiuto, propongo di adottare Lexotan o tranquillanti vari. A Don Chisciotte tremavano le gambe? A me sì. Dopo 15 minuti eravamo ancora lì. Con un infermiere che prendeva Matilde per i piedi e Matilde che si aggrappava alle gambe del lettino. Non ho capito come, ma una mano agile ha provveduto. E così la nostra agonia di massa si è conclusa. Non vi sto a descrivere le facce dei bambini che aspettavano in sala d’attesa. Mulini a vento – Don Chisciotte: 1-1.

Per tornare a casa dovevamo affrontare l’anticiclone africano, noi tre in una delle città più cementificare d’Europa e più calde d’Italia. Il ritorno a piedi a casa ci ha messo ko, ma sapevamo che una volta a casa avremmo potuto ristorarci alla fresca brezza del condizionatore. Questo caldo africano, dobbiamo dirlo, a me e alle bambine ci ha rotto i cabbassisi (parafrasi del commissario Montalbano). Da giorni siamo costrette tra le mura domestiche come damine medioevali, usciamo la mattina presto, l’ora d’aria da carcerati d’afa, dalle 8.30 alle 9.30 e poi a casa. E’ difficile trovare cose nuove e divertenti da fare tutti i giorni per 9 ore. A Matilde ho persino fatto vedere, e la cosa assurda è che le è piaciuto, un film sdolcinato tedesco tratto da un romanzo di Rosamunde Pilcher.

Ma torniamo al nostro esodo verso la terra promessa, appena varcata la soglia ci siamo lavate in gruppo e abbiamo acceso l’aria condizionata… il telecomando faceva le bizze, le pile si stavano scaricando… il Don Chisciotte che era in me chiedeva una dulcinea pietà, ma la tata che sono mi ha convinta ad uscire a comprare le pile del telecomando.