La parola della settimana è GELOSIA.
“La gelosia – cita il vocabolario – è un sentimento di ansia e incertezza dell’essere umano, causata dal timore di perdere o non ottenere la persona amata perché essa sia preferita da altri o preferisca altri. La conseguenza può essere di rabbia e risentimento verso chi sia più considerato dalla persona amata”.
Io sarei questa terza persona… ergo potrei finire come Desdemona!
Ma procediamo con ordine nella narrazione.

Dopo un mese, com’è naturale (lo dico come mia attenuante) ho stabilito un rapporto con Marta, abbiamo la nostra routine, le nostre abitudini, insomma abbiamo un rapporto e non solo lavorativo. Anche se sono la tata, mi sono affezionata e le voglio bene. Da tante ore insieme, l’abitudine e un buon feeling, è nata una relazione felice.
Tutto sembra andare per il verso giusto, ma eccola lì: la gelosia.

La mamma di Marta aveva cominciato a lanciare segnali “vaghi” tra cui occhiatacce e cambio di stanza quando Marta mi abbraccia e vuole le coccole. Finché un giorno ha avuto il coraggio di dirlo: sto diventando gelosa, già lo so, spero di non diventarlo troppo.

Quale tata non tremerebbe nel sentire queste parole? Così, ho cominciato a prendere delle contromisure, adottando la tecnica “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”: in presenza della mamma cerco di essere il più professionale possibile e di non strapazzare la (mia) piccola Marta di baci.

Sembrava un piano perfetto, già mi vedevo con il sigaro, stile Hannibal Smith, recitare la frase che concludeva ogni episodio dell’A-team, “adoro i piani ben riusciti”. Non avevo tenuto conto, però, che Marta comincia a dire qualche parolina, e quale dice in presenza della mamma? “TATA”. Per non creare equivoci mi ha anche indicato. Considerando che non dice ancora papa’ e pochissimo mamma, posso iniziare a scrivere il mio testamento.

Il bello è che non ho a che fare solo con una donna gelosa, ma con due. Ci si è messa anche Matilde, la sorella di 5 anni di Marta. Ha cominciato con l’imitare tutto quello che facevo o dicevo a Marta per degenerare in urla del tipo “Marta è mia, è nostra, non tua!” Oppure quando la tormenta e Marta piange e mi tende le braccia in richiesta di aiuto, mi grida: “Marta vuol stare con me non con te!”

Insomma, il lavoro della tata è molto simile a quello del fachiro, bisogna saper camminare sui carboni ardenti, talvolta.