Forse, ma forse, sto influenzando mio malgrado la piccola Marta?
Ho cominciato a pormi delle domande… paranoie da filosofa, penserete voi non appena dipanerò le mie riflessioni.

Tutto è nato dal fatto che Marta è affascinata dalle mie collane. Perché sono colorate, pensavo. Un oggetto nuovo, la bambina esplora, è curiosa. Andando avanti col tempo, Marta (11 mesi) ha cominciato ad essere affascinata anche da anelli, braccialetti e orecchini. Cara Marilyn, tu sì che avevi capito tutto: il mantra cosmico di ogni donna “diamonds are a girl’s best friends”. Una delle prime cose che Marta fa alla mattina è passarmi ai raggi x per vedere che “brillocchi” nuovi ho, e non è l’unica, perché anche Matilde fa lo stesso dicendomi: “Ma tu cambi sempre collana? Ma quante ne hai? A me, invece piacciono gli anelli”.

Quando Marta ha uno dei suoi momenti di malumore (e qui uso un eufemismo che voi mamme leggerete benissimo tra le righe) basta che le dia n braccialetto e un anello ed entra in loop da metanfetamine: mette e toglie in continuazione. Si prova il braccialetto sulla mano destra, si osserva il polso, lo fa oscillare, lo toglie e fa lo stesso con la mano sinistra. Stessa cosa per gli anelli, li prova su tutte le dita, è arrivata persino a metterseli a piedi.

Lo stesso fascino esercitato dai miei gioielli, le sorelline lo hanno dimostrato, ahimé (o meno male, giudicate voi), anche per le faccende domestiche.
Marta quando mi vede spazzare in cucina, arriva gattonando come un fulmine, si alza aggrappandosi a qualche mobile, e cerca di appropriarsi della scopa ed imitarmi.
La stessa cosa succede con Matilde: quando è a casa dall’asilo perché malata, vuole aiutarmi a lavare i piatti e a pulire la cucina. Con la mamma non lo ha mai fatto.

Ed è qui che la mia natura intrinseca di filosofa come un magma latente è eruttata nel mio conscio riportandomi alla memoria “Il secondo sesso di Simone De Beauvoir”, le femministe lo conoscono bene, pochi l’hanno letto perché come diceva Gerry Scotti in “Chi vuol essere milionario” “Only the brave”. Io lo ammetto, non servono torture da Cia, l’ho letto a spizzichi e bocconi, saltando soprattutto la parte della biologia. Ma bando alla ciance, di cosa tratta sta mattonata francese (trattasi di più di 800 pagine)? Sintetizzato in una frase: donne non si nasce, lo si diventa.

Lo so, penserete che ricalca una battuta di Totò, ma non fatevi fuorviare e rimanete concentrate. La Beauvoir pensa che le donne diventino tali per imposizioni di atteggiamenti. Ne ho fatto una lista e ho spuntato le cose che ho fatto io con Marta. Pronte?
Vestiamo le bambine di rosa (fatto); parliamo loro con la vocina, con diminutivi e vezzeggiativi che finiscono in -ini (fatto); regaliamo bambole per instillare l’istinto materno (fatto); facciamo fare giochi statici, preferendo la casa all’aperto (fatto); le iniziamo alle faccende domestiche (fatto), insegniamo ad amare oggetti prettamente femminili (fatto); diciamo loro che sono bambine e certe cose che fanno i maschietti non si fanno (fatto).
Secondo Simone, così agendo ne sto facendo “un prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna”.

Secondo voi con questi dubbi amletici, quei “ce lo” e questa responsabilità posso dormire serena la notte?
Credo che la mamma di Marta abbia fatto un lavoro diverso con Matilde che a 5 anni fa questo tipo di discorsi: “Quando sarò giovane tornerò a vivere in questa casa. I miei genitori saranno grandi grandi, e quando uno è così è come la nonna Lina, il sangue non arriva bene al cervello e si capisce poco. Io tornerò a stare qui e li curerò così non dovrò pagare né l’affitto né la badante”. Deglutisco e le chiedo: “E tuo marito e i tuoi figli?” “No, non voglio sposarmi, mi fa schifo baciare in bocca, di bambini non ne voglio, fa troppo male la pancia e quando escono puzzano. Penso mi prenderò un cane o un gatto per farmi compagnia”.

Ora sono più confusa di prima e comincio a credere nel soprannaturale: che Simone si sia reincarnata in Matilde?
E ancora: donne si diventa o la nostra femminilità e il nostro ruolo sociale sono atavicamente iscritti nel nostro dna?
Ve l’avevo detto che sarebbero state paranoie da filosofa, da tata filosofa.