Una cosa con cui mi trovo spesso a scontrarmi, quando parlo con le donne che hanno partorito, è il racconto che fanno del tipo di assistenza ricevuta in ospedale durante il travaglio. In realtà “scontro” non è la parola esatta: prendo atto con grande rammarico di una realtà abbastanza diffusa, che è quella di non sostenere, nella donna che deve partorire, la fiducia.

Sin dai controlli della gravidanza, per poi proseguire durante il travaglio, piccoli e a volte impercettibili messaggi fanno leva sul senso di naturale insicurezza della donna (e della coppia): davanti alla novità, soprattutto quando è una novità così importante, è normale provare incertezza. E’ così che si costruisce un percorso di scelte in cui la donna non è protagonista di questo momento in realtà importantissimo.

 

Il significato che la gravidanza ed il parto hanno nella nostra cultura non è più (e non è ancora) quello di un momento di crescita e di trasformazione della propria identità.

 

La sensazione che per molte cose “da sola non puoi farcela” è comunicata in molti passaggi di questa importante trasformazione. Questo però non è un invito propositivo a ricercare il sostegno migliore e più adatto per se stesse, quanto invece l’imperativo di lasciar fare agli altri (medici, ostetriche, e così via).

 

Le caratteristiche personali della donna ed il suo carattere sicuramente giocano una parte in questo meccanismo, ma il momento in cui avviene è di particolare vulnerabilità, e qualsiasi donna, anche la più sicura di sé, si ritrova nelle condizioni di vivere qualche momento di incertezza.

 

Potrei invitarvi a fare una lista, nei commenti di questo articolo, di tutte quelle frasi che vi hanno fatto sentire sfiduciate, o persino insultate, quando prima o durante il parto avete esposto le vostre idee o un bisogno. Le mie sono parole forti, ne sono consapevole, e non rendono giustizia a chi invece svolge questo lavoro con professionalità, empatia ed esprienza.

 

Personalmente ho ascoltato molti racconti, e so che questa è ancora l’esperienza di tante. “Tutte le donne hanno partorito dalla notte dei tempi”, “non sei la prima né l’ultima”: questi messaggi sono ancora ricorrenti durante un momento che invece dovrebbe essere vissuto con rispetto e sacralità.

 

Il momento del parto è uno dei momenti più significativi nella vita di una donna. In quel momento non nasce solo un bambino, ma anche una madre, un padre, una famiglia. E’ un evento unico, e merita di essere vissuto come tale.

 

Probabilmente è proprio per questa sua enorme importanza che rende tutti impreparati: non tanto la donna, che se adeguatamente sostenuta nella fiducia in se stessa saprà perfettamente affrontare questo processo, ma tutte le persone che le sono intorno nel momento in cui avviene il parto.

 

Anche se per gli operatori il contesto è interno a dinamiche di tipo lavorativo, partorire è qualcosa che esula da tutto: questo dovrebbe essere tenuto a mente da tutte quelle persone che hanno a che fare con parecchie nascite ogni giorno, e tendono a rendere ordinari gesti che invece hanno un’importanza straordinaria.

 

Qualcuno suggerisce che per questo non c’è ancora abbastanza formazione per gli operatori: non solo corsi di preparazione, ma di accompagnamento e di sostegno a questo lavoro che rischia di diventare stressante e routinario.

 

Il segno di questi piccoli-grandi “errori”, compiuti attraverso dinamiche che hanno senso in una cornice ospedaliera, rimane nella vita della donna per molto tempo, e tante volte è più difficile da elaborare proprio perché ha incrinato quel rapporto che si fonda sul bisogno della donna di essere sostenuta.

 

dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta


foto: julienews.it