Non è mia presunzione parlare di gravidanza in termini così universali che tutte le mamme vi si possano riconoscere, né tantomeno in chiave specialistica (per questo rimandiamo alle varie categorie di competenza). Mi preme invece riflettere su quanto trova spazio ridotto, fra future mamme, nella discussione relativa ai mesi di attesa del parto, cioè le nostre paure più recondite e, per questo, più inconfessabili.

E’ trascorso qualche anno dalla mia esperienza ma ho ancora nitido il ricordo della sensazione, trasmessami dalla lettura delle riviste del settore e dalle chiacchiere con amiche “in dolce attesa” come me, che il vissuto della gravidanza fosse a tutti gli effetti “dolce”.  In questa sensazione io non mi ci ritrovavo del tutto: possibile che fossi solo io ad avere pensieri che rimandavano ad angosce sugli inconvenienti cui io, o il mio bimbo, potevamo incorrere al momento del parto? Possibile che nessuna avesse in fondo al suo cuore la paura profonda che il suo bambino potesse nascere non sano, nonostante gli esiti positivi degli esami? Quale forza avrei scoperto in me in quel caso? Ero solo io che aspettavo in ansiosa attesa i risultati degli stessi? Che mi chiedessi che impatto avrebbero avuto sulla mia vita le forti emozioni che una nascita comporta?

Magari si, forse no; quello che invece mi ha portato a riflettere è che troppo spesso noi mamme ci confrontiamo sul corredino, sulla scelta del nome del nascituro, sulla pediatra assegnata, e mille altri particolari, ma troppo poco mettiamo in gioco le nostre emozioni , sia quelle più positive tra le quali aspettative e proiezioni future, che quelle più in ombra, come appunto i nostri timori, sensazioni di inadeguatezza, angosce e paure. Ma è forse proprio solo da un confronto di questo genere che il rapporto con un’altra persona che vive la nostra stessa “avventura” può farci crescere, in modo costruttivo e completo…

… e forse potremmo scoprire anche, con sorpresa, che ci accomuna qualcosa in più della semplice curiosità del “è maschio o femmina?”.