Nel precedente articolo abbiamo visto l’importanza di valutare le proprie scelte “misurandole sulla propria pelle” e sulle necessità del bambino.
Su queste premesse, parliamo oggi dei vantaggi dell’uso del ciuccio, descritti dall’esperienza dei genitori e soprattutto da una parte della cultura medica.Numerose ricerche hanno avvalorato l’uso del ciuccio nello sviluppo del bambino. Alcuni pediatri sostengono che esso sia utile per la prevenzione della Sids (sindrome della morte in culla) che ne ridurrebbe la manifestazione dal 30% al 60% (Hauck e al.).

Alcune osservazioni mediche, inoltre, hanno mostrato come il ciuccio sia utile in numerosi casi di bambini prematuri: oltre alla possibilità di fornire benessere psico-fisico in situazioni in cui (si pensi all‘incubatrice) la madre non può essere fisicamente presente, stimola il riflesso di suzione quando esso è debole per immaturità muscolare.

Altre ricerche ci parlano di come la suzione abbia un effetto sulla biochimica del corpo: è correlata alla produzione di endorfine, quegli ormoni che tutti conosciamo come i responsabili delle nostre sensazioni di benessere.

Il ciuccio, che ha origini antiche, viene offerto ai neonati prevalentemente in situazioni di dolore fisico: coliche, pianto, agitazione, ma anche controlli medici o situazioni “stressanti” per il piccolo.

Non dimentichiamo, tuttavia, che il bisogno sottostante a queste situazioni, che siano di dolore o paura, è quello di contatto fisico. La madre, o il suo sostituto, è l’unica soluzione in grado di tranquillizzare il bambino e calmare il vissuto di abbandono. Lo spiegheremo meglio nei prossimi articoli.

Il contatto fisico, quindi, resta il metodo elettivo per risolvere questi “momenti critici”: sentire (proprio come sensazione fisica, sulla pelle) di non essere solo, ascoltare una voce rassicurante come quella dei propri genitori, sono gli elementi che permettono ai bambini di aver fiducia nel fatto che il mondo è un ambiente sconosciuto ma “vivibile”.

L’uso del ciuccio ha però anche dei vantaggi per i genitori: il pianto insistente del bambino, l’inesperienza, la stanchezza fisica, rendono talvolta necessario trovare un aiuto per risolvere le situazioni critiche (soprattutto in tema di addormentamento).

Basta non dimenticare che il ciuccio è un mezzo, e non una soluzione: la relazione con il genitore resta sempre l’unico “luogo sicuro” in cui crescere, adulto e bambino, ed imparare a risolvere le criticità.
Il pianto del bambino è un linguaggio, e la capacità di decodificarlo rientra nelle abilità di un genitore: percorso lungo e difficile che si costruisce nel tempo e con la fiducia nella proprie risorse.

dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: maternityleave.it