Le percentuali di successo sono influenzate da molti fattori: la risposta da parte della donna alle terapie: in molti casi non viene prodotto un numero sufficiente di follicoli ed è quindi necessario ripetere la terapia con dosaggi diversi;la presenza di ovociti nel liquido follicolare: in alcuni casi gli ovociti non sono maturi e fecondabili o sono assenti;il grado di maturazione degli ovociti prelevati;lo stato di fertilità della paziente, che è molto influenzata dall’età.

Le percentuali di successo di questa metodica sono, pertanto, estremamente variabili.

Per aumentare le percentuali di successo viene utilizzato il metodo di trasferire in utero un numero multiplo di embrioni valutato di caso in caso in modo da raggiungere un compromesso tra le probabilità di successo e il rischio di gravidanze plurigemellari; generalmente vengono trasferiti, ove siano disponibili, non più di tre embrioni. Le linee guida della ESHRE (European Society for Human Reproduction & Embryology) suggeriscono di trasferire non più di due/tre embrioni. L’introduzione della definizione di un numero massimo di embrioni trasferibili tende a prevenire gravidanze plurigemellari le quali presentano nella grande maggioranza dei casi notevoli rischi sia per la salute della donna, sia per quella dei nascituri. Prevenendo a monte l’insorgere di una gravidanza plurigemellare a seguito di una procreazione medicalmente assistita (PMA), si evita inoltre il dover ricorrere, come avveniva talvolta in passato, a tecniche d’emergenza quali la “riduzione embrionaria”, non sempre in grado né di garantire il proseguimento della gravidanza, né di salvaguardare la salute della donna.

Poiché l’iperstimolazione ovarica, che potrebbe insorgere a seguito delle tecniche, presenta notevoli rischi per la salute della donna; si cerca di ottenere in un solo ciclo il massimo numero possibile di ovociti, i quali vengono fecondati tutti e poi trasferiti in utero – solo alcuni, mentre – laddove ne siano disponibili – vengono conservati gli altri in vista di eventuali ulteriori tentativi. La conservazione viene effettuata congelando gli embrioni a 196 gradi centigradi sotto lo zero (crioconservazione), con uso di azoto liquido.

Fino ad oggi non sono ancora state sviluppate tecniche tese a congelare e quindi scongelare gli ovociti senza interferire negativamente e in modo significativo sulla loro vitalità e capacità di essere fecondati. Tecniche simili sembrano avere migliori risultati quando applicate agli embrioni e agli spermatozoi. Diversi centri medici specializzati nella ricerca sulla fecondazione assistita, pertanto, raccomandano la crioconservazione degli embrioni cosiddetti “soprannumerari”.

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