Durante l’adolescenza, in alcuni casi anche a partire dalla pre-adolescenza, il rapporto tra genitori e figli comincia a cambiare.
E’ in questo periodo che si sviluppa un conflitto verbale più alto rispetto ad altre fasi della crescita.

In questo periodo i ragazzi sviluppano una forte spinta verso la differenziazione, necessaria a diventare adulti: un movimento così forte verso l’essere diversi dai propri genitori è necessario per trovare la propria strada, il proprio modo di essere nel mondo.

Il rischio che si corre è che, esprimendosi attraverso il conflitto, i genitori frenino questa spinta, concentrandosi su aspetti secondari quali la sicurezza, l’incolumità, la responsabilità.

Sapere leggere tra le righe, guardando la spinta alla crescita piuttosto che il desiderio di rottura, sarà la possibilità di “sopravvivere” alle difficoltà di questa fase.

Il conflitto sorge spesso tra i “voglio” del ragazzo e i “non è possibile” dei genitori. Il problema è che è difficile vedere la bellezza della ribellione senza rimanere centrati sugli aspetti negativi dell’oppositività.

Il conflitto è negativo quando viene condotto in modo tale da provocare “un danno”. Quando questo non avviene, il conflitto è semplicemente un modo di comunicare la differenza tra genitori e figli.

Il conflitto è anche in una certa misura funzionale, perché permette di ridefinire un rapporto che muta nel tempo, e che di certo non può rimanere uguale a quello del periodo dell’infanzia.

Sperimentare il sostegno dei genitori è un passaggio necessario e fondamentale, ma non è possibile pensare di crescere senza mettere alla prova le proprie capacità di auto-sostegno. L’adolescenza, in ultima analisi, ha lo scopo di realizzare una differenziazione in cui il conflitto svolge un ruolo molto “vitale”.

E’ chiaro che i genitori debbano fare appello alla loro saggezza e al maggiore grado di maturità. E’ difficile immaginare che il conflitto non si accenda se i genitori si lasciano andare all’impazienza o alla rabbia.

Purtroppo la stanchezza, l’irritabilità ed altri fattori quotidiani fanno sì che i toni della comunicazione non siano sempre costruttivi. E’ davvero impegnativo mantenere la comunicazione su un livello positivo.

Eppure è importante non perdere di vista che, qualsiasi siano i contenuti del diverbio, ci sono dei punti che vanno mantenuti come riferimento.

La comunicazione deve essere sempre rispettosa, mai critica o negativa. Lo sfondo di ogni comunicazione dovrebbe essere “noi vediamo le cose in modo diverso”, piuttosto che criticare il punto di vista dell’altro. Non dimentichiamo che questo modo di fare diventa anche un esempio che prima o poi verrà imitato dai nostri ragazzi.

Teniamo presente che commettere degli errori è un fatto accidentale, e non dovrebbe riguardare una definizione generale negativa sulla persona. Sbagliare ed essere persone inaffidabili sono due cose differenti, ed è importante che i nostri messaggi non etichettino un adolescente nel secondo modo.

Comunicare in modo positivo non significa non riconoscere se viene commesso un errore: il nostro compito educativo sta nel correggere ma non nell’essere giudicanti. E per un ragazzo non c’è niente di peggio che sentirsi giudicato come un poco di buono.

Mostrarsi interessati al punto di vista dei nostri figli è importante, ma davvero difficile da mantenere, a volte: consideriamo che il nostro punto di vista non sempre è in grado di cogliere anche quello dei nostri ragazzi. Chiedere di essere aiutati a capire la loro posizione può riservare per noi delle gradevoli sorprese.

Il conflitto può essere leggero e persino divertente, ma ci vuole davvero poco perché diventi pesante e grave. Non lasciate che sia così, e cercate di mantenere un giusto grado di (auto)ironia.

Gli adolescenti avranno senz’altro più difficoltà a mantenere un atteggiamento leggero o costruttivo, ma i genitori possono senz’altro padroneggiare la loro pazienza, e mostrarsi ragionevoli e disposti ad ascoltare.

In questo modo i genitori non faranno soltanto qualcosa di utile per il momento presente, o per il ragazzo di oggi, ma anche per l’uomo di domani.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

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