Perché i bambini rifiutano di assaggiare nuovi cibi? Cosa fare quando non mangiano o non mangiano abbastanza? Ci sono alimenti o ingredienti che vanno evitati o offerti con moderazione?

A queste, e molte altre domande, ha risposto per noi e per altre blogger che hanno partecipato all’incontro Osservatorio 1000 giorni il Dott. Giorgio Donegani, nutrizionista esperto in alimentazione di mamme in attesa e bambini. Ecco alcuni tra gli spunti emersi:

L’educazione al gusto comincia in gravidanza

La gravidanza incide moltissimo sugli atteggiamenti al gusto del nascituro perché la familiarità verso i sapori – e quindi il gusto – si forma già durante la gestazione, attraverso i cibi che la mamma sceglie. Fondamentale, quindi, la dieta della futura mamma, che dovrà essere il più possibile varia ed equilibrata.

Quanto sale? Quale sale?

Che si tratti di sale rosa dell’Himalaya, nero di Cipro, rosso delle Hawaii… si tratta comunque di sale! Attenzione, quindi: va sempre e comunque usato con moderazione. Semmai, scegliamo il sale iodato perché – contrariamente a quanto si possa pensare – tutti abbiamo bisogno di una riserva aggiuntiva di iodio.
Se abbiamo un bimbo in età da svezzamento, prendiamola come un’occasione per rivoluzionare in positivo la dieta di tutta la famiglia: per abituare il nostro palato ad apprezzare pietanze con una quantità inferiore di sale pare bastino solo 2 settimane!
Curiosità: sapete perché le patatine piacciono proprio a tutti? Sono state studiate per stimolare la classica “acquolina in bocca” che ti “costringe” a finire il pacchetto non appena ne avrai assaggiata una (da addicted delle patatine, me ne farò una ragione e cercherò quanto più possibile di ridurre l’assaggio 😉

Salumi: meglio evitarli?

Bisogna distinguere tra salumi a pezzo intero (prosciutto cotto, crudo, coppa, bresaola) e insaccati (salame, mortadella). La quantità di nitrati presente negli insaccati è maggiore in quanto la carne tritata si conserva con maggiore difficoltà. Meglio quindi preferire i primi e prestare attenzione nella scelta. Per avere maggiori garanzie sui controlli e sulla qualità degli ingredienti, privilegiamo prosciutto crudo con la dicitura DOP e prosciutto cotto con la dicitura Alta Qualità.

Quale latte? Quanto latte? E’ proprio vero che il latte fa bene?

Ultimamente, a questo proposito, si legge tutto e il contrario di tutto.
La realtà è che non ci sono al momento studi sufficienti che dimostrino che il latte favorisca i tumori né, al contrario, che li contrasti.
E in relazione all’assorbimento del calcio? Anche in questo caso, gli studi sono contrastanti: alcuni sostengono che il latte contrasta l’assorbimento del calcio, altri che lo favorisce.
Quindi, come comportarsi? Dal punto di vista della composizione nutrizionale, il latte contiene proteine, grassi utili e lattosio.
Con l’esclusione dei casi di Intolleranza al lattosio o di allergia alle proteine del latte, quindi, il consiglio è quello di consumarlo, ma con moderazione, introducendolo nell’alimentazione dei bambini solo dopo il compimento del primo anno di età.

Cosa fare se il bambino non mangia le verdure?

Prima del gusto entrano in gioco altri sensi: innanzitutto, la vista: un cibo deve quindi essere esteticamente interessante; poi l’olfatto: deve quindi avere un odore gradevole; solo in questo caso, saremo portati a “fidarci” e, quindi, ad assaggiarlo.
Usare stratagemmi come quello di cuocere le verdure al vapore invece che lesse, consente un impiattamento più accattivante per colore e consistenza delle verdure (oltre che consentirci di mantenere le loro caratteristiche nutrizionali). Meglio ancora, quando possibile, offrirle crude.
Parliamo di verdure perché è forse la categoria di alimenti tradizionalmente meno amata dai bambini, ma naturalmente queste osservazioni valgono anche per il pesce o altri cibi poco amati…

Cosa fare di fronte al rifiuto di assaggiare nuovi cibi?

Spesso, a svezzamento ormai superato, i bambini faticano ad apprezzare sapori diversi dal solito, compresi i piatti che durante lo svezzamento invece mangiavano con piacere.
Si parla, i questo caso, di neofobia alimentare, ed è un residuo dell’evoluzione: era così che i nostri antenati si proteggevano dall’’ingestione di sostane tossiche o pericolose.
Come comportarsi in questo caso? Se il nuovo cibo non viene nemmeno assaggiato, non insistiamo, ma proviamo a riproporlo a distanza di qualche giorno. Importante assaggiarlo noi per prime, per mostrare che è un cibo buono e sicuro. Prima o poi – pare – l’imitazione sortirà i suoi effetti.

Cosa fare quando un bambino non mangia?

E veniamo ad un argomento che mi sta particolarmente a cuore (ma non sono la sola, a giudicare dalla quantità di domande e dall’attenzione sul tema tra le mamme presenti all’incontro, ma anche tra quelle della nostra community).
Un bambino non mangia: o perché non ha fame o per riaffermare la propria personalità rispetto al genitore. Si tratta, in questo caso, di un modo per segnalare al genitore: questo non mi sta bene! Ecco perché può succedere che un bambino mangi in certi contesti e non in altri (per esempio mangia tranquillamente a casa, ma non all’asilo, oppure viceversa).
Comprendere queste dinamiche è il primo passo. Poi, bisogna sforzarsi di disinnescare questi meccanismi. Come? Evitando di porre l’accento sull’argomento, anche a costo di “fingere disinteresse”. Per esempio: “non hai mangiato? Bene, evidentemente, in quel momento non avevi fame”. Difficile, lo so…

Ma ricordiamoci che il cibo ha una serie di valenze che sono le più diverse e talmente forti da riuscire a prevalere anche sull’istinto di conservazione (pensiamo ai tanti casi di disturbi alimentari così frequenti durante l’adolescenza).
Lavorare fin dall’infanzia per tentare di fondare un sano rapporto con il cibo e sottrarre al pasto tutte quelle valenze “estranee” è quindi fondamentale.