Di polemiche e di discussioni sull’alternanza scuola lavoro ce ne sono state tante. Oltre alle ore di scuola, i ragazzi dalla terza superiore in su devono collezionare obbligatoriamente un numero stabilito di ore di quella che è stata chiamata appunto alternanza scuola lavoro, ovvero ore di esperienza di attività lavorativa. Le polemiche e le discussioni ci sono state e continuano a esserci riguardo all’utilità di questo obbligo. Un obbligo che porta i ragazzi a provare un’esperienza lavorativa, ma che nello stesso tempo, a detta soprattutto degli studenti interessati, non ha senso, perchè non retribuito e a volte non legato agli studi fatti.

Cosa ne penso io, mamma di adolescenti, riguardo all’alternanza scuola lavoro? Guardo e giudico in base all’esperienza che hanno fatto e che stanno facendo i miei figli e dico che è un’occasione preziosa. Vi spiego perchè.

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Perchè per me l’alternanza scuola lavoro è un’esperienza positiva

Parto dall’esperienza più recente. Mio figlio, terza liceo scientifico, una passione per il design e per le auto, sta facendo due settimane di alternanza scuola lavoro in una piccola azienda di progettazione e realizzazione di micro componenti meccaniche. L’ha scelto e proposto lui alla scuola.

Parte la mattina prima delle 8, torna la sera dopo le 7. Ha imparato a farsi la schiscetta per mangiare insieme agli altri compagni di avventura e torna a casa raccontando a noi e agli amici tutto ciò che sta facendo. E lo racconta contento. Il progetto è bello e interessante: arrivare a capire come si disegnano e si realizzano quei micro componenti che poi andranno a fare parte di oggetti anche importanti come il motore di una macchina di lusso o una lampada di design. E per arrivare a disegnare un pezzo bisogna prima aver visto come viene creato.

Così Giacomo ha iniziato la sua prima esperienza di alternanza scuola lavoro facendo l’operaio. Quando è tornato a casa e ci ha raccontato ciò che aveva fatto durante le prime otto ore di esperienza lavorativa, ha commentato dicendo che non si sarebbe mai aspettato che fosse così faticoso rimanere in piedi per tutto quel tempo.

È stato sfruttamento di giovani liceali?

Non sono solo io a dire di no, ma è mio figlio stesso. Bastava guardare in faccia la sua soddisfazione nel raccontare di come aveva fatto il filo corretto a una vite speciale che poi sarebbe andata a finire nel telaio della Ferrari.

In questa prima settimana di lavoro Giacomo ha fatto l’operaio, ha controllato la corretta taratura delle macchine, ha archiviato progetti e imparato a integrarli con disegni nuovi, ha anche aiutato a pulire macchine e pavimento in vista della pausa del week end. Ora imparerà a progettare al computer i componenti che poi verranno prodotti e collaborerà alla realizzazione del sito dell’azienda.

In due settimane avrà sperimentato come funziona una piccola azienda, e non è cosa da poco. Avrà imparato che sul lavoro ci vogliono precisione, attenzione, serietà e concentrazione, che lavorare è bellissimo, gratificante ma anche tanto faticoso, che ci si deve sporcare le mani. Avrà imparato ad avere dei colleghi con i quali rapportarsi e un capo al quale rendere conto del proprio operato. Avrà imparato ad arrivare in orario e a essere contento di tornare a casa dopo una giornata di intensa attività.

Questa è l’esperienza bellissima che sta facendo mio figlio, che è contento e orgoglioso di poterla vivere e raccontare e che torna alla sera a casa talmente stanco da crollare addormentato alle 10 di sera (cosa rara per lui). Sarà stato fortunato? Probabilmente sì, ma anche la figlia più grande ha potuto vivere un’esperienza simile anche se diversa nella realizzazione.

Ecco perchè penso che l’alternanza scuola lavoro sia positiva: perchè spinge i nostri ragazzi verso un mondo a loro sconosciuto, aiutandoli a capire che bisogna mettere impegno e serietà nelle cose e che il mondo non si esaurisce tra banchi di scuola, divano di casa e smartphone.

Certo, il mio augurio è che tutti i ragazzi possano vivere un’esperienza di alternanza scuola lavoro come quella che hanno vissuto i miei figli: curati e seguiti in un progetto e non parcheggiati. Non importa la quantità o l’entità del lavoro da svolgere, ciò che è importante è che i ragazzi siano seguiti e che capiscano il senso di ciò che stanno facendo. E questo è un compito per noi adulti.