Quando i bambini fanno qualcosa di inaccettabile per noi (i capricci) dietro c’è sempre un bisogno che chiede di essere soddisfatto. Sappiamo ascoltare davvero, e scoprire qual’è?

Come genitore, ammetto che in alcuni casi i “capricci” (anche se non amo mai definirli con questa parola) sono davvero snervanti: sono il banco di prova della nostra pazienza e della nostra crescita, come persona e come genitore. Possiamo affrontare queste situazioni con spirito costruttivo, e uscirne in modo “onorevole”, o utilizzare in modo improprio il nostro “potere” sui più piccoli.

Solitamente avere un punto di osservazione esterno alla relazione genitore-bambino offre una prospettiva di tutto vantaggio, dalla quale io godo il lusso di imparare moltissimo sulle questioni educative. E’ molto più semplice infatti osservare alcune dinamiche quando non si è avviliti dalla stanchezza o dal nervosismo o dalla rabbia.

Da questa prospettiva, talvolta, appare fin troppo chiaro che i bambini esprimono dei bisogni molto semplici, ma a volte difficili da riconoscere. Un esempio banale: può sembrare sciocco ad un adulto, ma un bambino che smaglia una calza della mamma non vuole rovinargliela o fare un dispetto,  ma piuttosto trova un piacere semplice e sensoriale basato sul contatto con il tessuto. Basta sostituire la calza con qualcosa di simile per evitare il guaio e soddisfare il suo gioco.

In questi casi, anche se culturalmente non siamo abituati a pensarla in questo modo, trovo molto efficace usare il dialogo in prima persona anche con bambini molto piccoli: esprimere i nostri sentimenti, infatti, col tempo insegna anche al bambino a riconoscere i propri, e gli permette di tenere in considerazione il punto di vista dell’altro.

In un noto esperimento, è stato dimostrato che proibire un comportamento senza spiegazioni o dietro minaccia di una punizione è molto meno efficace che motivarne la ragione.
Un comportamento punitivo, al contrario, provoca nei bambini le seguenti reazioni:

  • aggressività
  • resistenza, sfida
  • ribellione
  • scatti d’ira e aggressività fisica
  • nascondere la verità o incolpare gli altri
  • insicurezza, timidezza, vergogna
  • piangere, singhiozzare
  • adulare gli adulti per accaparrarsene il favore

Sembrerebbe quindi fin troppo ovvio, quindi, che insistere con un atteggiamento autoritario non ottiene gli effetti sperati. Eppure, perché tanti adulti continuano a perpetuarlo?
Il metodo alternativo sconvolge chi gli si avvicina per la prima volta perché rivoluziona una storia di concezioni da noi interiorizzate fin dall’infanzia. Utilizzare un metodo alternativo richiede agli adulti la disponibilità a mettersi in gioco in prima persona e a rivoluzionare il proprio modo di vedere, cosa che non tutti sono disposti a fare.
Oggi tante forme di violenza sono presenti nelle nostre azioni quotidiane e nel nostro linguaggio senza che ce ne rendiamo del tutto conto, e la coercizione genera il medesimo comportamento, pertanto è necessario eliminarla.

Per molto tempo, nella nostra cultura, rigore, disciplina e coercizione sono stati sinonimi. Forse oggi è il tempo di ampliare la nostra riflessione verso un senso della disciplina che possa e debba includere il rispetto per i diritti altrui, che si impartisce sin dalla più tenera età.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta