Parlare di depressione o di baby blues non è mai facile: il dolore spesso non ha voce. Scriverne è il primo passo per scoprire cosa ha in comune la sofferenza di ciascuno di noi e per sapere che c’è un modo per uscirne.

Sapete perché nelle lingue anglofone si usa la parolablues per indicare la depressione?
Esiste un significato nella musica afroamericana delle generazioni che hanno affrontato la schiavitù, che si riassume in queste parole:
“non sopporto questa vita ma ho paura di morire”.

Questo è il paradosso in cui sono intrappolate le persone che soffrono sia per la grave depressione, quella patologica e persistente che necessita dell’intervento di un professionista, sia quella evolutiva, non meno grave da attraversare ma legata ad alcune circostanze della vita (ad esempio la depressione post-parto).

C’è qualcosa, soprattutto nella depressione post-parto, che dagli esperti del settore viene assimilato al trauma: un evento improvviso, sconvolgente, con qualcosa di inaspettato. A volte (ne abbiamo già parlato in altri articoli) si tratta di dover ampliare da un momento all’altro i nostri confini, ridefinire la nostra vita e i suoi significati, la nostra personalità.
In questo senso il superamento della depressione consiste nell’elaborazione di questo trauma.

La consapevolezza di sé

Esistono nella vita molte situazioni difficili e le persone hanno molti modi di affrontarle. A volte ci meravigliamo di come situazioni dolorosissime rendano le persone più forti e in grado di superare molte avversità.

Non sono supereroi. Sono semplicemente persone che hanno una grande consapevolezza di sé, ben “radicate” e capaci di affrontare l’imprevisto con flessibilità, anche se doloroso.

Queste persone sentono il dolore proprio come tutti, ma nella loro esperienza restano saldi nella chiarezza di chi sono, cosa vogliono, dove stanno andando.

Il trauma emotivo diventa insopportabile quando il dolore di ciò che stai vivendo non trova un contesto relazione di protezione, di comprensione, in cui le sensazioni dolorose possono essere accolte e condivise.

Molti gruppi di condivisione tra neo mamme riescono ad essere molto terapeutici proprio per il fatto di dare legittimità ad alcune sensazioni intense e spiacevoli.

E’ attraverso la relazione con altre persone che il trauma emotivo diventa gradualmente più sopportabile, e diventa parte di quell’abito in cui sperimentiamo noi stessi come Persone, che giorno per giorno cuciamo per noi e che si chiama “la mia vita”.

Un problema di equilibrio

Quello che rende un evento traumatico (anche se agli altri può non apparire tale) è che ci mette davanti alla nostra vulnerabilità. Ciò che prima avevamo considerato come marginale, anche se necessario nella nostra condizione umana, adesso è ben presente alla nostra consapevolezza perché irrompe all’improvviso e in modo inaspettato.

Spesso è un cambiamento repentino che ci rende difficile ridefinire “chi sono adesso”: ciò che sapevamo sulla nostra personalità deve essere trasformato in fretta, e non sempre siamo preparati a farlo. Perdiamo in nostro equilibrio faticosamente costruito fino ad ora.

La relazione che cura

Da uno stato depressivo si esce grazie al potere terapeutico della relazione.
La depressione è solitudine, difficoltà o incapacità di raggiungere l’altro o il sistema di relazioni in cui viviamo, e la conseguente chiusura in se stessi.

Spesso la depressione è tristezza senza nome e senza spiegazioni, chi è depresso non sa perché. 

Esistono due passi per uscirne.

1) Il dolore che è nelle viscere ha bisogno di una forma di dialogo attraverso cui la natura devastante dell’esperienza personale possa essere raccontata e condivisa.

2) E’ importante credere che ciascuno di noi è portato a (ri)trovare spontaneamente serenità e di equilibrio, che gli stati di sofferenza sono solo condizioni momentanee e non la nostra realtà immutabile.

Noi siamo in cammino, ma quando siamo depressi ci pensiamo fermi nel vissuto spiacevole “per l’eternità”.
Fino a quando questa sensazione non si capovolge, gli eventi dolorosi o difficili saranno per noi solo causa di immobilità, tristezza e solitudine.