Comunicare in modo efficace richiede tempo ed energia. Abbiamo bisogno di rallentare ed interrompere molti comportamenti automatici. Ma questo ci assicura di prenderci cura di noi, non soltanto dei nostri figli.

Diventare genitori è uno dei compiti più difficili della vita. Io non so quando questa affermazione può cessare di essere espressa consapevolmente, ma so per certo che, quando si hanno bambini piccoli, il verbo di apertura di questa frase prende un forte significato.

La genitorialità è un processo, è qualcosa che si costruisce giorno per giorno in una relazione. Non “essere” genitori, ma diventarlo, costantemente.

Purtroppo oggi la saggezza delle generazioni precedenti non ci aiuta, al contrario le regole educative dei vecchi tempi risultano spesso fuor di luogo e i genitori della nostra età restano senza punti di riferimento, con un ruolo tutto da costruire. Per questo spesso siamo una generazione di genitori in crisi.

Oscilliamo tra il permissivismo e l’autoritarismo: due atteggiamenti troppo estremi, che non aiutano lo sviluppo della personalità e lasciano insoddisfatti noi e i nostri figli.

Una genitorialità flessibile, rispettosa, che ha come sfondo l’apprendimento reciproco -nella  chiarezza ciascuno del proprio ruolo- garantiscono il miglior modello di riferimento.

Il modo di comunicare coi nostri figli richiede un’attenzione particolare.

Capita già di avere difficoltà nella comunicazione tra noi adulti, ma spesso, ritengo, fare delle osservazioni riguardo alla comunicazione coi bambini può insegnarci molto sulle relazioni in generale.

Ci sono molti aspetti in comune, infatti, che riguardano le competenze comunicative e relazionali. Impegnarci in uno stile comunicativo coi nostri ragazzi è un esercizio che ci permette di crescere come persone, anche nella comunicazione con gli adulti.

Vi invito quindi a leggere in quest’ottica le cose che scriverò di seguito.

I segnali non verbali.

Un ascolto efficace coinvolge non soltanto il nostro udito o la nostra parola, ma tutto il nostro corpo. So che ciascuno di voi sarà d’accordo, ma spesso quel che non funziona coi nostri figli è proprio il fatto che non si sentono ascoltati pienamente.

Da questo dipendono tutta una serie di comportamenti per attirare la nostra attenzione, che poi vengono considerati come capricci, problemi, comportamenti disfunzionali.

Al contrario (come sempre accade), questi comportamenti hanno una loro funzione precisa, che è quella di chiedere a noi la piena attenzione.

Segnali efficaci di ascolto sono:
mantenere il contatto visivo, non essere distratti in altre attività, essere alla stessa altezza dello sguardo del bambino, usare le parole per comunicare la nostra attenzione e comprensione.

Così facendo insegniamo ai ragazzi che le loro cose sono importanti per noi, che non sono soli, e che noi ci prendiamo cura di loro. Questo li aiuterà a diventare persone sicure.

La nostra espressione non verbale riflette sempre i nostri sentimenti, anche se dichiariamo il contrario. E’ dimostrato che un atteggiamento corporeo che invita al dialogo permette al bambino di aprirsi, di sviluppare il proprio pensiero, di dire di più, di diventare quindi più abile nella propria capacità di comunicare.

Nel prossimo articolo approfondiremo l’argomento.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: adiantum.it