La nascita del secondogenito è sicuramente un evento stressante per tutti i membri della famiglia: rappresenta un evento critico, nel senso di sconvolgimento degli equilibri pre-esistenti, sia per i genitori che per il primogenito.

Impropriamente, quando ci troviamo davanti a queste situazioni, diciamo che i bambini “la prendono bene o male”: in realtà non c’è merito o demerito nel manifestare la propria percezione del cambiamento (cosa che i bambini fanno benissimo, dal momento che si esprimono in modo naturale e spontaneo).

Il disagio di un figlio, in realtà, in una famiglia appartiene a tutti: è fatto di difficoltà comuni e non è possibile relegarlo ad un problema personale.

Calma e consapevolezza.

Il primo passo da compiere, come genitori, è dunque quella non facile presa di consapevolezza che permette di riconoscersi dentro un cambiamento che coinvolge l’intera famiglia e richiede tempo, pazienza, serenità. I momenti critici scaturiscono dalla mancanza di uno di questi tre elementi.

Anche se può capire in un momento in cui ci si sente fisicamente provati e stanchi, è necessario mantenere quel giusto distacco che consente di leggere correttamente le cose.

“Non capisco cosa gli stia succedendo”.

Il comportamento che il primogenito può mettere in atto può essere vario.
I bambini esprimono il disagio in modo fisico, corporeo, perché è il modo spontaneo che hanno per comunicare: quello che succederà, quindi, potrà riguardare il sonno, il cibo, i bisogni fisiologici, o la loro serenità quotidiana o scolastica.

Non sono capricci.

Alcuni si rattristeranno, altri si ribelleranno e diventeranno oppositivi.
Ogni comportamento va inteso come un messaggio, un appello perché i genitori capiscano una difficoltà e possano intervenire.

Anche se talvolta possono diventare estenuanti, è necessario comprendere il punto di vista del bambino, abituato ad essere unico oggetto di attenzioni, e che adesso si sente spodestato dal suo “trono”.

So bene che a queste considerazioni non siete nuovi, ma l’idea cui voglio puntare è che questo “tradimento necessario” dei genitori verso il primogenito fortifica il carattere, rende più bella la vita di ciascuno di noi, ma necessita di rispetto e comprensione per adattarvisi.

Ciò significa che un bambino, non avendo gli strumenti di un adulto, ha bisogno di sostegno da parte dei genitori, e di verificare che il loro amore non è mutato nei suoi confronti, nonostante il cambiamento.

In fondo questo è l’unico messaggio di cui hanno bisogno: sperimentare il sostegno nella difficoltà. Tutto questo avviene in proporzione all’età, e la disposizione interiore dei genitori è fondamentale.

E la coppia?

E’ importante che ci sia lo spazio per comunicare le proprie difficoltà, la stanchezza di doversi dividere tra le necessità del nuovo arrivato e l’amore reclamato dagli altri figli. Non è semplice, ma è una bella prova, che ci arricchisce.

E voi, che difficoltà sperimentate da quando la famiglia si è allargata?

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

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