Ci sono figli particolarmente abili nell’arte di contrattare: ogni volta che chiedete loro qualcosa, loro vi propongono di avere qualcosa in cambio. E’ faticoso, ma è davvero qualcosa di negativo?

Pur essendo tipica dell’adolescenza, mi capita di osservare la contrattazione quotidiana anche con bambini molto piccoli. Occasionalmente è piacevole, ripetutamente è stancante. Qualche parola per i genitori che si sentono “sfiniti” dalle continue proposte, ad un aiuto per vederne il lato positivo.

“Ai miei tempi non era così”!
Supponiamo che voi siate stati adolescenti che non osavano esprimere la loro opinione, che erano intimiditi dall’autorità dei genitori, o bambini ai quali veniva detto che quando parla un genitore bisogna tacere, e che le vostre richieste venivano spesso respinte. Vi piaceva?

Ogni volta che prendiamo sul serio quello che dicono i nostri ragazzi, diamo loro valore.
Che loro tentino una strada per la contrattazione per loro significa impegnarsi, essere coinvolti nella capacità di convicere, di lavorare per il proprio interesse, di reputarsi capaci  di poterci riuscire.

Non sono caratteristiche che desidereremmo per loro in età adulta? E non sono loro, del resto, dei piccoli adulti in formazione?

Desiderare silenzio e sottomissione da parte dei figli significa non pensare a come ci piacerebbe che fossero da adulti. Quando ai nostri ragazzi non diamo il vantaggio di imparare le abilità di contrattazione, potrebbero essere impreparati a farlo nelle relazioni di coppia, o lavorative, e stare male finché non imparerebbero a farlo.

Questo non significa che non debba essere stabilito un confine: esistono delle regole che non sono negoziabili, nonostante debba farci piacere che loro ne abbiano la capacità o che si percepiscano in grado di farlo.

Esistono dei limiti che ogni bambino e adolescente, nonostante vi stia “piazzando” una scenata perché non è d’accordo con voi, desidera avere: i limiti sono rassicuranti, confortanti, ancora di più nell’età della crescita.

Esiste un modo molto semplice di stabilire un limite o una regola:
Ho sentito cosa stai dicendo,
ma su questa cosa non c’è spazio per una trattativa“.

In questa affermazione ci sono due distinti valori.
Da un lato, anche se vostro figlio può essere aperto o chiuso alla contrattazione come lui desidera, voi lo state ascoltando e state esprimendo un segno concreto della vostra attenzione su di lui, del vostro dare valore a questo.
Dall’altro stabilite che non tutto è negoziabile e che ci sono dei limiti che non possono essere messi in discussione, e questo vi dona autorevolezza e padronanza del vostro ruolo genitoriale (di colui che si prende cura).

Ma se la capacità di patteggiare è un valore positivo per la vita di relazione e per la definizione di sé, il patto è che non diventi scontata e non si crei assuefazione.

Durante gli anni dell’adolescenza, quando la relazione con i genitori si sta ridefinendo, è importante che i genitori diventino parte attiva e che siano efficaci in questo allenamento.

Una contrattazione ha degli elementi che devono essere padroneggiati perché questa diventi davvero formativa:
chiarezza riguardo alle posizioni reciproche (che significa impegnarsi a comunicare ambo le parti il proprio punto di vista)
raggiungere un compromesso che sia accettabile per entrambi, in cui il dare-e-avere sia davvero vantaggioso
impegno a mantenere il patto ad ogni costo.

E’ necessario che i genitori verbalizzino con chiarezza che non sono disposti a patteggiare con chi non sa esprimere le sue ragioni, non sa comprendere quelle dell’altro essendo disposto a cedere qualcosa in cambio, o che non mantiene la parola data.

A volte nelle famiglie esiste solo il mio punto di vista o il tuo.
E questo vale anche per noi genitori.

Forse per noi avere avuto genitori autoritari o troppo permissivi non ci ha permesso di lavorare sulle differenze, facendo di noi persone che si impongono troppo, o che al contrario cedono al primo contrasto.

Le differenze sono alla base dell’incontro con gli altri, ed è un aspetto che siamo costretti a saper affrontare per la salute dei nostri rapporti.
Ci sono adulti incapaci di vedere il punto di vista dell’altro, e persone che arretrano troppo senza farsi valere.

Senza contrattare, nessuno vince: imporre la propria volontà nelle relazioni significative significa perdere l’Altro, allontanarsi dalla relazione. Imporre la propria volontà non risolve la cosa con la soddisfazione di tutti, e questo non crea benessere (e ben-Essere).

Di certo collaborare richiede più tempo, ma crea una soluzione che “appartiene a tutti”.
E’ un’esperienza liberatoria e formativa, che fa apprendere l’importanza del punto di vista dell’altro e della collaborazione reciproca.

Ci sono situazioni in cui è giusto che il genitore manifesti la propria disponibilità ad essere flessibile ed altre in cui si impegni a motivare perché non può esservi flessibilità.

Contrattare con un adolescente è faticoso, richiede tempo e pazienza, ma è un investimento che a mio parere vale la pena fare, perché può avere un valore duraturo nel tempo.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: comofas.com