Quando compaiono le prime paure nel bambino, molti genitori non sanno cosa fare. La mia impressione è che, in un certo senso, anche loro siano spaventati. Vediamo come questo influisce nella circolarità del processo.L’atteggiamento che il bambino ha nei confronti delle cose sconosciute, che lo spaventano, così come dell’Ambiente in generale, dipende principalmente dalle persone che lo circondano.

La famiglia, in primo luogo, come centro di tutta la sua vita, ma anche l’ambiente scolastico e le figure adulte di riferimento: nonni, insegnanti, tate.

Ci avete mai fatto caso? Banalmente, un bambino ha paura degli insetti, dei cani, delle formiche, “del lupo” o “dell’uomo nero” se gli insegnano che queste parole hanno un significato negativo. Di questo, come adulti, spesso non siamo consapevoli, ma il nostro comportamento veicola molti significati.

Molto spesso un bambino non ha piena comprensione di queste parole, ma la sottolineatura, l’enfasi, il linguaggio non verbale (corporeo) e para verbale (tono, volume, timbro) che usiamo, serve per trasmettere il timore verso qualcosa.

Quanto è grande e sconosciuto il mondo per un bambino! Se da adulti ci fermassimo a riflettere su quanta fiducia serve ai piccoli per affrontare alcune cose, e quanta ne ripongono nelle persone da cui ricevono protezione…

In tutto questo, il clima in cui in bambino cresce, l’idea che la famiglia (o la scuola) sviluppa rispetto alle sue capacità, ai suoi progressi, alle sue possibilità, influenza la sicurezza e l’autostima.

Per fare un esempio banale: una mamma ansiosa, che si preoccupa ogni volta che faccio un piccolo passo lontano da lei, mi trasmetterà (verbalmente e non) l’idea che allontanarsi è pericoloso, ma anche che io non sono capace e non ho la possibilità di farlo.

Il risultato è che ogni volta che la vita mi metterà nelle condizioni (tante, normali, tantissime!) di fare qualcosa da solo, mi ricorderò del “sussulto” di mia madre che ha cercato di proteggermi da una caduta, da un pericolo, e così via.

I bambini vanno protetti, ovviamente, ma hanno anche bisogno di essere incoraggiati, in un difficile equilibrio con cui ogni genitori deve confrontarsi e sperimentarsi.

Avere attenzione (sinonimo di responsabilità) è ben diverso da avere ansia, o meglio pre-occuparsi (ovvero preoccuparsi con eccessivo anticipo): un genitore attento, infatti, comunica l’amorevolezza del prendersi cura, e cresce un bimbo sicuro di sé e fiducioso nell’Ambiente.

Essere attenti, inoltre, permette al bambino di essere rilassato, non eccessivamente spinto alla crescita, all’autonomia, e quindi rende possibile mettersi alla prova senza sovrastimare le proprie possibilità.

dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: igeacps.it/famiglia.html