L’esame dei villi coriali o villocentesi è una tecnica invasiva di diagnosi prenatale che consiste nel prelievo di cellule dai villi coriali, un tessuto appartenente al feto che si trova nella placenta della futura mamma.

Il campione prelevato è utile per lo studio del corredo cromosomico del nascituro.

Oggi il ricorso alla villocentesi è sempre più in calo, soppiantato in molti casi dallo screening non invasivo prenatale (Nipt) che con un semplice prelievo di sangue della futura mamma alla decima settimana di gravidanza permette di intercettare e analizzare il DNA del nascituro.

A cosa serve la villocentesi

Come altri esami diagnostici effettuati nel periodo prenatale, la villocentesi permette di identificare precocemente alcune importanti anomalie cromosomiche, come la sindrome di Down, o malattie genetiche come la fibrosi cistica.

Attraverso lo studio degli enzimi presenti nel feto, la villocentesi permette di individuare eventuali malattie metaboliche.

Con questo esame non è invece possibile rilevare alcune malformazioni del sistema nervoso, che possono, invece, essere individuate attraverso l’amniocentesi.

Questo esame analizza e fornisce il corredo cromosomico del feto (cariotipo). Ma non solo.

Infatti, a differenza dell’amniocentesi, con la villocentesi, mediante l’analisi molecolare del DNA estratto dai villi coriali, si può estendere l’analisi genetica ad alcune malattie ereditarie, per stabilire se il feto ne è affetto, o ne è portatore sano, o del tutto sano; questa analisi si riserva in genere alle coppie che presentano nella loro storia familiare dei casi di queste rare, ma a volte assai gravi, malattie ereditarie.

Chi deve fare l’amniocentesi

Trattandosi di un esame invasivo, la villocentesi presenta diversi rischi e deve essere presa in considerazione solo in presenza di casi particolari.

I più frequenti sono:

  • l’età della mamma pari o superiore a 40 anni,
  • precedenti figli portatori di anomalie cromosomiche,
  • malattie ereditarie in famiglia,
  • altri fattori di rischio (per esempio l’esposizione durante la gravidanza a radiazioni).

Quando si fa

La villocentesi può essere efettuato già nel primo trimestre di gravidanza, preferibilmente tra la decima e la dodicesima settimana.

Come viene fatta

L’esame consiste nell’inserire un ago sottile nell’addome. Sotto la guida dell’ecografia, l’ago raggiunge la placenta ed aspira le cellule dei villi coriali.

I villi coriali costituiscono la parte embrionale della placenta. Sono ricchi di capillari, assorbono ossigeno e nutrimento dal sangue materno e, contemporaneamente, cedono alla madre anidride carbonica e altre sostanze di rifiuto del feto.

L’esame non richiede il ricovero, né una preparazione particolare.

Non è particolarmente doloroso, e dura complessivamente circa 45 minuti (anche se il prelievo richiede solo pochi minuti).

Dopo l’esame è consigliabile rimanere a riposo uno o due giorni.

L’esame è pericoloso o doloroso?

La villocentesi è un esame delicato. Occorre valutare il rapporto tra le necessità diagnostiche della coppia e il rischio della procedura.Vi è infatti un margine di rischio per il feto e il buon andamento della gravidanza, con rischio di aborto spontaneo (1%).

È inoltre possibile osservare una lieve perdita di sangue e/o crampi all’utero che normalmente scompaiono in breve tempo.

I vantaggi della villocentesi

Tra i vantaggi di questo esame c’è la possibilità di disporre dei primi risultati entro due giorni, perché una parte delle cellule fetali può essere analizzata immediatamente al microscopio per la ricerca di eventuali alterazioni del numero o della struttura dei cromosomi, per esempio la sindrome di Down caratterizzata dalla presenza di tre (anziché due) cromosomi 21.

La possibilità di errore, tuttavia, anche in condizioni diagnostiche ottimali, resta pari al 4 per cento circa. Per una analisi completa e una diagnosi esauriente occorrono circa due settimane: il tempo necessario per osservare la crescita e la moltiplicazione delle cellule fetali.

Su specifica richiesta, si possono ottenere informazioni importanti su particolari malattie ereditarie, per esempio la talassemia, l’emofilia, le distrofie muscolari e la fibrosi cistica.