Il bullismo è un reato civile e penale, ma non è possibile agire alla base del fenomeno senza un intervento di tipo formativo, piuttosto che punitivo.

 

I fatti di cronaca ci mettono sempre più spesso a conoscenza di storie incresciose di violenza tra i ragazzi. Le cause del bullismo si intrecciando tra lo sviluppo di personalità del ragazzo e fattori familiari, sociali, e messaggi dei mass media.

Lo sviluppo del fenomeno è sicuramente legato ad una società sempre più disattenta alle relazioni tra le persone, così importanti e delicate soprattutto nell’infanzia.

Quelle che a volte possono sembrare ragazzate, talvolta sono vicende che possono sfociare in fatti molto gravi. Il bullismo può essere fisico, verbale, psicologico, tecnologico (persecuzioni e scherno effettuate attraverso i social network).
Le conseguenze sono sempre le stesse: effetti gravi o permanenti sulla vittima di persecuzione.

In Alabama è stata recentemente istituita una legge anti-bullismo. In Italia non esiste ancora qualcosa del genere, ma sappiamo che certi comportamenti possono costituire un reato penale (fonte: informagiovani-italia.com):

▪ percosse (art.581 codice penale) o lesioni, se lasciano tracce-conseguenze più o meno gravi (artt. 582 e ss cod. pen.);
▪ danni alle cose, danneggiamento (art. 635 cod. pen.);
▪ offese = ingiuria, se a tu per tu, o diffamazione, se di fronte ad altri (artt. 594 e 595 cod. pen.);
▪ minacce = minaccia (art. 612 cod. pen.);
▪ prese in giro = (eventuale) molestia o disturbo alle persone (art. 660 cod. pen.)

Il danneggiamento può essere morale, biologico, esistenziale, non è quindi riferibile solo ai casi in cui ci sia un danno materiale.

La sottolineatura che oggi faccio su questi aspetti è importante soprattutto rispetto alla presa di coscienza sul fenomeno: come spesso accade, le vittime o le loro famiglie hanno paura, non sanno cosa fare, passa molto tempo prima che dei provvedimenti vengano presi.

Credo che oggi sia necessario un rigore “metodologico” che non possa in alcun modo far leva su un comportamento punitivo: è chiaro che punire la violenza con la violenza non serve a nulla, e perpetua il circolo vizioso.

E’ importante tuttavia che familiari ed insegnanti prendano coscienza che alcuni atteggiamenti vadano stroncati sul nascere, senza alcuna timorosa permissività, per il rischio che possano in futuro degenerare in qualcosa d’altro, e tenuto conto, soprattutto, che a farne le spese è una persona che soffre.

Come è possibile uscire da questo paradosso?
Fare appello al sistema penale o civile per dirimere una questione sul bullismo è una contraddizione in termini. E’ come dichiarare il fallimento del sistema educativo.

Una scuola che non è in grado di avviare progetti formativi contro il bullismo, o di indicare alle famiglie un percorso di adeguato sostegno psicologico per uscire dalla questione, è una scuola che dice “non ho idea di come risolvere il problema sul piano psicologico ed educativo, ho bisogno della Legge per arginarlo attraverso la minaccia o la punizione”.

Una scuola che dichiara questo è una scuola che fallisce nel suo compito fondamentale, che è quello di formare i ragazzi come individui e persone di domani.

Io penso che oggi la Scuola possa permettersi di essere preparata ad insegnare ai bambini a non ragionare come vittime o carnefici, per quanto riconosca che la questione sia spinosa perché coinvolga i rapporti con le famiglie ed un progetto formativo specifico sugli insegnanti. Il mio invito è quello di rivolgervi alla struttura scolastica se siete vittime di bullismo, con la pretesa che il fenomeno possa essere risolto sul piano formativo, per il bene comune sia delle vittime che dei bulli.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: ilgiornalino.over-blog.com